Propongo alla Regione Piemonte di dotarsi di una legge contro il consumo di suolo, che sappia mettere al centro delle scelte relative alla pianificazione territoriale e allo sviluppo economico la salvaguardia della principale delle risorse che stiamo distruggendo: il suolo.
Una legge che imponga ai piani regolatori di prevedere il riutilizzo di aree edificate dismesse o degradate e che, in presenza di nuovo consumo di suolo, definisca criteri di “compensazione preventiva”.
Per compensazione preventiva – prendendo spunto da quanto proposto da Legambiente in Lombardia – intendo l’obbligo di provvedere prima al miglioramento di aree degradate, inquinate o che hanno perduto la loro funzionaità ecologica in cambio della copertura di nuovo territorio.
In assenza di queste azioni ex-ante chi coprirà il suolo dovrebbe pagare oneri aggiuntivi in base alla qualità dei suoli, per il danno subito dalla collettività, secondo il principio sempre valido di “chi inquina paga”.
I soldi così raccolti dai comuni devono essere utilizzati per “compensazioni ecologiche” (e solo per questo) capaci di ricostituire aree naturali, migliorare le funzionalità dei suoli in altri territori limitrofi e ricostituire corridoi ecologici.
Quando si parla di suolo si tratta di un elemento capace di assorbire enormi quantitativi d’acqua che vengono rilasciati alle radici lentamente garantendo l’approvvigionamento idrico e che riducono l’impatto dei fenomeni alluvionali.
(Campioni di suolo piemontese usati a scopo di illustrazione per il numeroso pubblico convenuto all’Ipla spa di Torino durante l’Open Day che si è svolto lo scorso 4 ottobre)
L’aumento dell’impatto dei dissesti è dovuto certo a modifiche sulla qualità e quantità delle piogge ma anche ad una gestione del territorio che ha eliminato una parte rilevante dei nostri suoli sostituendola con cemento, piazzali, siti industriali, etc.
Se riduciamo i suoli disponibili a contenere l’acqua aumenta proporzionalmente il quantitativo che scorre in superficie e arriva nei fiumi aumentandone la portata e la forza distruttrice.
Quando parliamo di suoli dobbiamo sapere che sono anche un grande contenitore di carbonio organico.
Se i terreni vengono degradati il carbonio “mineralizza” e si trasforma in anidride carbonica che va in atmosfera ad aumentare l’effetto serra; se viceversa i suoli sono trattati in maniera conservativa avviene il contrario con una diminuzione dei gas serra nell’aria e una riduzione dei cambiamenti climatici in atto.
Quando calpestiamo un suolo siamo sopra ad una moltitudine di elementi nutritivi e alla porzione più grande della biodiversità del pianeta, fattori che garantiscono tra l’altro la crescita delle colture e alimentano ciascuno di noi.
E ancora, quando vediamo un suolo coperto da sostanze inquinanti – che provengano dall’agricoltura, dall’industria o dalle nostre case – dobbiamo sapere che esso agisce come un filtro nei confronti delle acque sotterranee trattenendo buona parte delle sostanze “cattive” e lasciando scendere l’acqua pulita.
Ce n’è abbastanza, mi pare, per dedicare finalmente a questa risorsa naturale l’attenzione che merita, smettendo di sconquassare, cementificare, depauperare, distruggere, asportare, eliminare, compattare, inquinare ….